Cameroon 2008
AFRICA 2008
Il 19 luglio
Poudre, poudre, poudre...che sarebbe, nel mio stentato francese, polvere, polvere, polvere...questo mi rammenta alcuni passi di Francois Villon, poeta medioevale, che alla polvere associava il destino terreno dell’uomo; alla redenzione, tramite Gesu’, quello ultraterreno...ma mi sono spinto troppo avanti. In effetti la polvere era quello che mi aspettavo, all’uscita dall’aeroporto di yaoundè, capitale del camerun, ieri sera. Dimenticavo, nella stagione delle piogge, niente polvere rossa ad imbrattarti la faccia ed il corpo...ma le strade, come vedrò successivamente, in perenne costruzione e ricostruzione, non mi daranno scampo, nemmeno adesso.
Meglio andare per gradi...partenza da bologna alle 7, con Giovanni coach, Renato e Paola (avrò tempo per fare le dovute presentazioni), arrivo a Parigi alle 8 e trenta (riunito il gruppo con Raffaella, Giovanni e Francesco che arrivano da Milano), ri-partenza per Douala (scalo), poi verso Yaoundè...il volo? Magnifico, tutto veramente perfetto: niente turbolenze, sono riuscito a non...farmela sotto...un vero cuore di leone del volo!
All’arrivo Patrick, che collabora con l’associazione Bambini Cardiopatici, ci accoglie.
Patrick si presenta con un completo grigio molto elegante, cravatta scura, ma al nodo chiaro, fazzoletto al taschino, i capelli curatissimi, anello al dito della mano destra e fede alla sinistra, un grande orologio al polso ed un bracciale. Un bell’uomo (anche lui con la sua storia, essendo stato trapiantato di rene in Italia, avendo lavorato molti anni nell’ambasciata del Camerun a Roma, e dovendo ora pagare le alte cure mediche che prevedono il suo stato di post operato, confrontandosi con una assistenza sanitaria che in Camerun è inesistente: qui tutto costa, molto, moltissimo). Con lui dei giovani che lavorano al suo ufficio. Noi gli consegnamo i talloncini dei nostri bagagli e poco dopo li abbiamo con noi, ritrovati in fretta tra tutti gli altri, di un volo strapieno. Fossimo stati da soli l’operazione sarebbe durata molto di piu’: la consegna è infatti diretta da due ragazzoni che, sopra il nastro trasportatore, frenano la ressa. Un militare ci accompagna (Patrick è cugino del vecchio primo ministro, ora responsabile di un ufficio del CEMAC, l’unione degli stati del centro africa), ed ha qualche agevolazione, immagino. Abbiamo bisogno di diverse vetture, poichè abbiamo molti bagagli, carichi di materiale da portare a Shisong, ma l’organizzazione è perfetta.
Saliamo sulle vetture che ci porteranno all’hotel Monte Febè (arrivati la splendida sorpresa di una costruzione moderna, che domina la capitale, uno spettacolo bellissimo, sia di notte, per le poche luci lontane che però descrivono il grande perimetro della città...di cui si riesce ad avvertire il respiro, vite vissute sulla strada, nel labirinto di calli e callette che la percorrono, nei dedali intricati su cui si affaccia ogni tipo di negozio, o piccolo bar o punto di ritrovo nel quale la gente si immerge, comunque unica protagonista: multicolore. Di giorno ecco la sorpresa: siamo immersi nel verde, l’hotel ha una piscina, i campi da tennis, l’unico campo da golf del camerun....protesta! Ma l’Africa dov’è, adesso? Ma nei modi educati delle persone, nei volti cordiali di chi lavora nell’hotel, nella bellezza che ci circonda!).
Devo aprire una parentesi: noi che Africa ci aspettiamo? L’Africa è forse quel luogo dove poter liberamente dare sfogo ai propri bisogni di auto commiserazione? Il bambino malato, la gente povera, la morte? Il mio imbarazzo sta nel fatto che non trovo appigli a tutto questo, poter cadere avvolto nella meravigliosa malinconia.....non posso dire, Che fortunati che siamo, Che sfortunati sono. I nostri alibi cadono.
L’Africa è quel mondo che ancora possiede se stessa, mancando certo di molte cose, questa è la loro grande fortuna. Noi viviamo all’opposto: facciamo un piccolo calcolo mentale, non fatemelo scrivere.
Torno al viaggio dall’aeroporto all’hotel...ecco la strada polverosa, buche infami, auto con sospensioni arrivate, la mia schiena protesta, non solo la mia, polvere. Ma ecco l’asfalto, umido per la poca pioggia della giornata, Siamo nella stagione delle piogge, vero? Si, ma questa è la capitale, qui non piove molto! Come, nella capitale non piove, la natura vi preserva dalla pioggia? Beh, qui non piove molto, non piove come all’interno, dove andrete voi....mi dice il nostro autista...intanto l’automobile continua veloce, le route scivolano sulla strada....non pensate a quella sensazione che danno le auto di grossa cilindrata quando corrono veloci...qui scivolare sta proprio per scivolare, sulle curve il retrotreno sbanda: pneumatici consumati. Digli che li sostituiscano! Qui si finisce sulla camera d’aria, altro che...
L’incontro con la città è sorprendente e come dicevo tutto vissuto sulla strada. Siamo etonnè (stupiti), gente ovunque, sembra che nessuno voglia stare in casa, ma non si intuisce il senso del movimento (si va e si viene, nel vero senso della parola, una confusione disordinata, della quale vorrei far parte Ci fermiamo, facciamo due passi? Non possiamo, dobbiamo andare all’albergo! Ma tu mangeresti qualcosa di quello che si vende li?, Perchè no, è cotto vero? Il desiderio è poter condividere). Molte persone sono intente a vendere cose, diciamo che si vende di tutto, lungo le strade: una lunga teoria di bugigattoli dove si commercia e si cucina. Hei, questo invece è un grande mercato! No, il grande mercato è li dietro, questo è un carrefour, Cosa, un incrocio? Si, un incrocio, l’incrocio è un buon posto per vendere, Quindi uno dei posti migliori è fare il mercato all’incrocio, come non pensarci? Si l’incrocio è buono per vendere!
Anche di notte vanno le persone lungo le strade, camminando nel buio (con occhi di gatto, immagino, abituati al chiaro-scuro della notte non illuminata), intraviste tra le poche luci fioche della città, i fari delle automobili che le riflettono ordinate camminare in fila indiana lungo le strade così come illuminano gli enormi alberi e le piante di ogni genere, fiorite o meno, che la città preserva nel suo interno, mentre il frinire dei grilli, il gracidare delle rane è la musica che ci accompagna e che penetra anche il rumore delle vetture. Dicevo, dove vanno con questi recipienti trasportati sopra la testa e che danno un incedere regale, bellissimo per le donne, potente agli uomini, buffo ai bambini che sembrano sempre sul punto di essere schiacciati dal peso immane di quei recipienti.
C’è un grande palazzo dello sport in via di ultimazione, terminato invece, sulla sommità di una collina, il grande palazzo delle cerimonie. Entrambi costruiti dai cinesi. Sono arrivati anche in Camerun. Sarà un bene? I si dice descrivono i cinesi come i grandi e voraci depredatori di materie prime. L’Africa terra vergine da conquistare al loro interesse...ma è un si dice....
Non riesco a pensare ad un orientale, cioè ad una persona che vive in oriente, come ad una persona razziatrice. Gli orientali mi dicono di calma, di tranquillità, di un indole premurosa, di una vitalità rassicurante, lenta magari ma rispettosa dell’altro. Purtroppo le ragioni di stato spesso portano altro, la globalizzazione corre veloce, la crescita economica porta frenesie, gli interessi si dimenticano del nostro pianeta e ci si getta verso lo sfruttamento indiscriminato di tutto.
Domani, perciò oggi, ci porteranno ad un incontro voluto da tempo: parleremo con dirigenti della Federazione di Basket del Camerun (vogliamo dare ufficialità alla nostra scuola basket di Shisong), e vedremo anche una partita maschile e femminile. Incontreremo il console della nostra anbasciata, qui.
La cena è stata a base di specialità locali. Ho mangiato carne di capra avvolta in foglie di banana, e banane fritte. Molto buono il sapore. Altri di noi pollo affumicato e poi cotto. La birra è locale, un vanto del Camerun, è veramente molto buona.
La notte prima di partire, quasi nessuno di noi è riuscito a dormire, e la notte, al termine di questa prima giornata, arriva con un’ora di ritardo, perchè manca l’ora legale in Camerun. La stanchezza invece ed il torpore, vengono con la precisione del nostro tempo. Senza attese. Appena posata la testa nel letto mi risveglio oggi, con la luce che penetra nella camera.